La vera narrazione della Calabria

incendiopasticceria3di Claudio Cordova - Finché gli intellettuali di riferimento in Calabria saranno Gioacchino Criaco, Mimmo Gangemi o, guardando al passato, Pasquino Crupi, ci sarà ben poca strada da fare in avanti. A meno che, per "avanti" non si intenda un precipizio alto e privo di protezione. La narrazione che una certa "intellighenzia" vorrebbe della Calabria è quella "positiva". Quella, insomma, che è possibile leggere sulle riviste delle Pro Loco: clima invidiabile, prelibatezze culinarie, l'Aspromonte e le coste dello Jonio e del Tirreno.

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Ma vorrebbero raccontare una Calabria che non esiste. O che, purtroppo, esiste per doni ricevuti da Dio e non di certo per "meriti" della popolazione.

La Calabria è quella "cosa" dove un negozio viene devastato in pieno centro a Reggio Calabria esattamente un mese dopo l'apertura, data simbolo come monito. E' quella "cosa" dove – sempre a Reggio Calabria – asili, luoghi per bambini e centri culturali sono ciclicamente bersaglio dei vandali. E' quella "cosa" dove – in provincia di Vibo Valentia, la meno vivibile d'Italia – si riesce a mettere sotto scacco per anni non un anonimo cittadino, ma un avvocato, per via di un terreno. Poi ci sono gli "intellettuali" che dibattono ad Africo, nella kermesse sponsorizzata dalla Regione, che vorrebbero invece spacciare una narrazione diversa, di quelle belle che leggiamo sulle riviste della Pro Loco.

La narrazione reale è un'altra. E' quella di una regione che è schiacciata dallo strapotere della criminalità organizzata e ancor più (e cosa infinitamente più grave) dalla mentalità mafiosa. La mentalità della sopraffazione, la mentalità dell'omertà, la mentalità della furbizia, la mentalità del sotterfugio, la mentalità che porta a credere che conoscendo la persona giusta tutto sia possibile. E, in tempi bui come quelli che viviamo, raccontare questa realtà di illegalità che causa sotto sviluppo economico e degrado morale, viene visto come un demerito, perché si criminalizza il territorio.

E invece è possibile leggere un giustificazionismo ignobile delle nefandezze che avvengono sul territorio e un disprezzo nemmeno così tanto celato verso la magistratura, l'unica istituzione che – al netto di tante colpe e disattenzioni – riesce ogni tanto a ridare dignità a popolazione e territorio. Si preferisce dare il via alla sagra della banalità: "Ma in Calabria c'è anche gente perbene". Oppure: "C'è una Calabria che resiste, che manifesta contro la 'ndrangheta". E via dicendo: "L'Aspromonte è una perla".

Così miopi, così accecati dal successo, così immersi in quella enorme giustificazione chiamata "questione meridionale" si continua a sostenere come la Calabria non sia un territorio "a parte" anche rispetto ad altri luoghi problematici. Si insiste nel dire che sì, effettivamente abbiamo la 'ndrangheta e forse è una criminalità un po' più eccentrica rispetto alle altre, ma che in fondo sono gli altri a dipingerci come "brutti, sporchi e cattivi". Menzogne su menzogne che, purtroppo, convincono strati della popolazione sul fatto che il malaffare non va raccontato, non va (talvolta) enfatizzato per tentare di scuotere le coscienze.

Meglio parlare delle bellezze dell'Aspromonte.

Proprio oggi, invece, Reggio Calabria scende in strada per dare la propria vicinanza all'ultima vittima di danneggiamenti, il negozio "Zero Glutine" della centralissima via Del Torrione. In una città in cui Libera sostiene (a ragione) che il 90% delle realtà economiche sono esposte a estorsioni e usura.

Paolo Borsellino diceva: "Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare". Per poter riedificare è necessario prima radere al suolo quanto di ingiusto e di indegno esiste. In Calabria la 'ndrangheta con l'alleanza con mondo dell'economia, della politica e dei "colletti bianchi", ha ucciso, ha depredato, ha inquinato e, cosa ancor più drammatica, ha rubato la speranza. E Sicilia e Campania – due regioni problematiche pienamente inserite nella "questione meridionale" – sono riuscite a fare passi in avanti quando hanno iniziato a fare i conti con i propri problemi, con i propri drammi. In una parola: con la realtà. Convincere la popolazione di essere la vittima sacrificale di un "grande vecchio" incita al disimpegno, alla scusa che trovano i deboli: inutile impegnarsi, perché tanto le cose non cambieranno mai.

Se in 15 anni – come ci dicono recentissimi studi – sono andati via 180mila giovani, non è colpa di chi racconta denuncia crimini e misfatti quotidiani. E' colpa della onnipresenza della 'ndrangheta sul territorio e di una cultura mafiosa che esiste e prolifera anche negli strati più alti della società, nelle professioni e nei vertici della classe dirigente. E' colpa anche di quella politica che sponsorizza la kermesse di Africo e la nuova narrazione della Calabria.

Una storia di fantasia. E nemmeno a fin di bene.

Perché, come diceva Gilbert Keith Chesterton, che non a caso era anche un giornalista, "le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi".